Una storia da un libro:  L'angoscia di morte e il desiderio di vivere

Mercoledì, 12 Maggio 2021 08:16

     

    “Ricordiamo il vecchio adagio: si vis pacem, para bellum: se vuoi il mantenimento della pace, sii sempre disposto alla guerra. Sarebbe ora di modificare questo adagio e di dire: si vis vitam, para mortem: se vuoi sopportare la vita, impara ad accettare la morte”.

    Freud

    Charles, era un dirigente dai modi affabili, aveva alle spalle tutte le cose giuste. Un'istruzione eccellente ad Andover e a Harvard, per la Harvard Business School, il nonno e il padre entrambi banchieri di successo, la madre a capo del consiglio di amministrazione di un eminente college femminile.

    E le cose giuste erano anche tutte intorno a lui: un appartamento con vista panoramica che andava sul Golden Gate Bay Bridge; una moglie graziosa sempre in primo piano dal punto di vista sociale; uno stipendio annuo interno al mezzo milione di dollari; una jaguar XKE decappottabile. E il tutto alla veneranda età di trentasei anni.

    Tuttavia non aveva le cose giuste dentro. Soffocato da insicurezze, recriminazioni e sensi di colpa, Charles cominciava a sudare freddo quando sull'autostrada gli capitava di scorgere una macchina della polizia. “Un senso di colpa fluttuante, in cerca di un peccato qualsiasi: questo sono io diceva con ironia”. Inoltre i suoi sogni erano inesorabilmente autodenigratori: si vedeva con ampie ferite stillanti sangue, acquattato in una cantina o in una caverna, era un povero disgraziato, un teppista, un criminale, un impostore.

    L'insicurezza di Charles sembrava fissa e inalterabile, a dispetto di qualsiasi segnale esterno che testimoniasse del suo valore. […] Dopo ore trascorse a esaminare le origini del suo disprezzo nei propri confronti e a vagliare tutte le solite fonti di sospetto - i risultati scadenti ottenuti per il QI e i test attitudinali, l'incapacità di opporsi ad atti di bullismo alle scuole elementari, l'acne giovanile, la goffagine nel ballo, le occasionali eiaculazioni precoci, la preoccupazione per la dimensione ridotta del proprio pene-, arrivammo finalmente alla fonte primaria di tanta oscurità

    “Tutto il buio della mia vita, mi disse Charles, cominciò una mattina, quando avevo otto anni. Mio padre, un velista che aveva partecipato alle olimpiadi, prese il largo su una barchetta in una grigia mattinata ventosa, da Bar Harbor, nel Maine, e non fece mai più ritorno. Quel giorno si è fissato nella mia mente: l'orrenda veglia della famiglia, la tempesta che si faceva sempre più violenta, mia madre che camminava inquieta avanti e dietro per la stanza, le telefonate agli amici e alla Guardia Costiera, l'ossessione del telefono appoggiato sul tavolo della cucina sopra la tovaglia a quadretti rossi, e la nostra crescente paura dell'ululato del vento, mentre la notte s'approssimava. la cosa peggiore fu il gemito di mia madre la mattina presto; quando la guardia costiera telefono per comunicare che avevano trovato la barca vuota, che galleggiava capovolta. Il corpo di mio padre non fu mai rinvenuto".

    Le lacrime rigavano le guance di Charles e l'emozione soffocava la voce come se l'evento si fosse verificato il giorno precedente, invece che ventotto anni prima. “Quella è stata la fine dei miei giorni felici, la fine degli abbracci forti e affettuosi di mio padre, dei nostri giochi al lancio dei ferri di cavallo, agli scacchi cinesi e a Monopoli. Credo che in quel momento mi resi conto che nulla sarebbe più stato lo stesso".

    L'anno precedente, a una festa di beneficenza, Charles aveva incontrato James Perry, un imprenditore nel campo dell'alta tecnologia. I due avevano fatto amicizia, e dopo diversi incontri, James aveva offerto a Charles un'allettante posizione dirigenziale nella sua nuova start-up. […] Per quanto la loro relazione fosse complessa (amici, datore di lavoro, dipendente, mentore e protegè) Charles e James riuscivano a gestirla con eleganza. […] non mancavano mai di incontrarsi al termine della giornata per bere qualcosa insieme e scambiare due parole. Fu allora, poco dopo aver incontrato James, che Charles mi contattò. […] La cura paterna e la paterna attenzione che riceveva da James alimentavano in Charles il ricordo del padre e lo rendevano consapevole di quello che aveva perduto.

    Durante il quarto mese di terapia mi chiamò per chiedere un incontro urgente. […] Raggiunta lentamente la sua poltrona, vi sedette con cautela e a fatica balbettò soltanto due parole: "è morto" James è morto. Un infarto. Morte istantanea.

    Le due settimane successive ci incontrammo due tre volte la settimana. […] Il dolore per le perdite del passato riaffiorava, non solo quello per il padre, ma anche per la madre morta da poco più di tre anni. Ma pure per Michael, un amico di infanzia che era morto alla fine delle scuole elementari, e per Cliff, un assistente di un campus estivo colpito da aneurisma. Charles in tutti questi casi continuava a parlare di shock.

    “Uno schiocco di dita e la vita non c'è più". Così semplicemente. Non c'è un luogo dove ci si possa nascondere […]. Non avevo mai voluto pensarci. Invece la morte di James mi costringe a farlo[…] mi sta facendo semplicemente guardare in faccia le cose. la mia vita. La morte che mi aspetta. Lo stato permanente della morte. […] Penso all'insensatezza di trascorrere tutta la vita lavorando e guadagnando più soldi di quanti me ne servano. Mi rende triste pensare a come ho vissuto finora. Avrei potuto essere un marito migliore, un padre migliore. Grazie a io Dio c'è ancora tempo”.

    All'incirca tre settimane dopo la morte di James, Charles entrò nel mio studio in uno stato di profonda agitazione. "Ho appena avuto uno dei più forti shock della mia vita. James non è morto d'infarto, ma si è suicidato”.

     “Una delle prime cose che mi è passata per la testa è che se lui può suicidarsi, allora posso farlo anche io. Non so come spiegare questo pensiero, se non con il fatto che lo conoscevo bene ed eravamo molto intimi, e lui era come me e io come lui; così se ha potuto farlo lui, se ha potuto uccidersi, allora posso farlo anche io. Questa consapevolezza mi ha sconvolto profondamente. […] Se ha potuto lui, allora posso anch'io. […] Il Mondo è sottosopra. Non so più cosa sia reale. Era così forte, così competente, mi sosteneva con una tale forza. […] A cosa si può credere? Tutte le volte in cui mi offriva un sostegno, in cui mi dava un consiglio amorevole, nello stesso tempo stava pensando alla possibilità di uccidersi.[…] Quei magnifici momenti in cui io e lui ce ne stavamo seduti a chiacchierare, quegli attimi intimi che avevamo condiviso...bene adesso so che non sono mai esistiti”.

    "Non so di cosa fidarmi, di chi fidarmi. Non c'è nulla che assomigli a un noi. Sono davvero solo. Dubito molto che io e lei in questo momento stiamo sperimentando la stessa cosa, in questo momento, proprio adesso mentre stiamo parlando".

     

    La morte altrui, il contatto con la propria morte e il desiderio di vivere

    La morte è probabilmente uno degli eventi più incomprensibili per l'uomo. A questo proposito Freud segnalerà quanto esso appare illusoriamente ovvio per il profano, ma un grande enigma per lo psicologo che si occupa di studiarlo. La reazione alla perdita di una persona cara è una reazione affettiva che porta con sè il rifiuto della perdita, il desiderio di spiegazioni, emozioni molto forti e contraddittorie, comportamenti orientati a mantenere in vita la persona defunta e il legame, o a riempire rapidamente il vuoto.

    Questa storia così intensa è tratta dal libro di Irving Yalom, psichiatra e psicoanalista, "Creature di un giorno", autore di altri bestseller internazionali.

    Charles, è una creatura di un giorno, che di fronte all'evento improvviso e imprevisto della scomparsa di suo padre, sperimenta non solo emozioni brutalmente forti e dolorose, ma sviluppa un violento e distruttivo senso di colpa. Il senso di colpa è probabilmente il sentimento più doloroso sperimentato nel corso di un lutto, proprio perchè spinge a tormentarsi rispetto ai non detti, o diversamente spinge chi ha subito la perdita a ritenersi responsabile, in un modo o nell'altro, dell'evento drammatico. Non solo, i bambini possono sperimentare le varie fasi del lutto in modo diverso da un adulto, i suoi effetti, infatti, possono emergere più tardi attraverso forme diverse che coinvolgono il corpo o i loro comportamenti

    Charles aveva proseguito con la propria vita, ma quella mancanza profonda e indescrivibile, taciuta, di affetto e di calore, adesso sembrava farsi sempre più definita. La conoscenza del sig. Perry lo aveva riscaldato, protetto, sostenuto e riconosciuto dandogli l'affetto che gli era mancato questo tuttavia lo aveva esposto inevitabilmente al contatto con quella morte di cui non si era occupato e al contatto con l'idea di tutto quello che non aveva mai avuto. La morte del Sig. Perry aveva, come un vaso di pandora, fatto esplodere tutto il dolore per la morte del padre e le altre perdite che avevano segnato la sua vita. Con ognuna di quelle vite se ne era andata una parte di sé.

    La realtà lo aveva messo di fronte a quella che Sergio Erba chiamerebbe "ferita primaria" e che Charles prova ad avvicinare con l'aiuto del dott. Yalom. Insieme a lui scopre il terribile dolore che ha segnato la sua esistenza, i vani tentativi di difendersi dalla sofferenza che portava dentro proiettandosi verso l'esterno e voltando le spalle al suo mondo interno. Comprende che il proprio modo di vedere le cose non necessariamente coincide con quello altrui e inizia a sviluppare nuove considerazioni sulla sua esistenza e sul suo futuro. Egli scopre l'intensità e la spontaneità di una relazione sincera, di una comunicazione autentica nella quale ;tutte le sfumature emotive trovano posto e sono accolte. Charles riconosce che può essere quello che è e non sentirsi più un impostore, un criminale.

    Con l'aiuto del dott. Yalom è riuscito, ricordando ancora Sergio Erba, a accettare la sua storia, e a riconoscere la "colpevolezza" dei suoi protagonisti e la contemporanea condizione di vittime di esperienze dolorose transgenerazionali.

    Charles ha compreso che il suo modo di sentire l'altro è vero, è vivo e non ha più il timore di comunicarlo, la morte non è più così carica d'angoscia e la vita può ora essere per lui più vitale e piena.

     

    Riferimenti Bibliografici:

    Yalom, I (2015). Creature di un giorno. E altre storie di psicoanalisi.Milano: Neri Pozza

     

     

    Ultima modifica il Giovedì, 22 Luglio 2021 08:04