La storia di Melanie
”Questa mattina ho sentito parecchie cose in cui potevo riconoscermi, ma nella sua conferenza lei ha detto che spesso i figli degli alcolizzati o di famiglie con altri disturbi, come la mia, scelgono partner alcolisti o dediti ad altre droghe, e questo non si può dire di Sean. Non gli piace poi tanto bere o ubriacarsi, grazie a Dio, ma abbiamo altri problemi”. […] ”Non ho più ne cibo, né soldi, né tempo, tutto qui”. “Sean se ne è andato di nuovo. Abbiamo tre bambini, Susie di sei anni, Jimmy di quattro e Peter che ne ha due e mezzo. Ho un lavoro part time in ospedale, frequento la scuola per infermieri e cerco di far funzionare tutto a casa. Sean di solito si occupa dei bambini, quando non è alla scuola di arte drammatica, o non è partito”. “Ci siamo sposati sette anni fa, appena uscita dalle superiori. Lui ne aveva ventiquattro, frequentava la scuola part time e ogni tanto aveva qualche particina. Viveva in un appartamento con altri amici. Di solito andavo da loro la domenica e preparavo gran pranzi per tutti. Mi chiese di sposarlo e naturalmente lo accettai subito”. Lui era così bello guardi”. […] “Il problema non è il nostro matrimonio. È sua madre. Si mette a mandargli del denaro. Ogni volta che inizia ad assumersi delle responsabilità verso di noi, o che ha un lavoro stabile, lei gli manda un assegno e lui se ne va”. È stato a New York un mucchio di volte , e quando ci va, si trova con qualcuno”. È cominciato con la mia prima gravidanza. Non mi sentivo neppure di fargliene un colpa. […]Una volta ci siamo separati. […]Quando ne aveva bisogno gli mandavo dei soldi. […] Avevo persino trovato altri due uomini. […]Era bello avere qualcuno che mi trattava in quel modo. Ma da parte mia non provavo mai nessuno vero sentimento. Così alla fine tornai da lui”.
Melanie racconta la storia della sua famiglia parlando della grave depressione della madre, delle sue permanenze in ospedale e dell'inefficacia delle cure che la condussero a togliersi la vita, impiccandosi in garage, quando aveva quattordici anni. A causa delle sue gravi condizioni di salute già da molto tempo prima, Melanie si era impegnata ad assumere il ruolo di mamma per tutti, mentre suo padre impegnato in un doppio lavoro trascorreva molto tempo lontano da casa, forse anche per evitare la moglie, un pò come facevano tutti.
La storia di Melanie è la storia di molte donne il cui peso delle responsabilità che si sono assunte è diventato il life motive delle relazioni successive. La vita di Melanie che era diventata tormentata e difficile da sostenere, conservava molto della sua vita infantile.
L’offerta del proprio affetto come elemento identitario
Melanie nella relazione con Sean assolve al suo bisogno di rioccupare il ruolo di chi accudisce, offre il proprio affetto, sacrifica se stessa per il bene degli altri. Questa relazione costituisce infatti, l’esatta reiterazione dello schema relazionale vissuto da bambina. Melanie è una donna ingabbiata nel ruolo di bambina. Il suo bisogno di sentirsi utile è così radicato da farle abbandonare qualsiasi possibilità di cambiamento, che sebbene positivo risulta noioso, poco gratificante di quella vitalità che è tipica delle relazioni sofferenti, tormentate, con un carico emotivo consistente, come quella che ha avuto modo sperimentare da bambina. La sua storia, come quella di altre donne, pone in risalto come l’identità personale si costruisca sulla base delle esperienze infantili; quelle di Melanie, purtroppo erano caratterizzate da un eccessivo impegno, una responsabilità che mal si adeguava alla sua età, un carico di sofferenza che non le dava tempo di riflettere su ciò che le stava succedendo, ma la impegnava proattivamente a tenere tutto e tutti ancora insieme, nonostante una madre sofferente, “difficile” e un padre assente per lavoro. La difficoltà era diventata un elemento imprescindibile per poter funzionare come persona, così con Sean, non diversamente dalla sua famiglia, si sentiva amata se si impegnava a risolvere le difficoltà e a nuotare nella sofferenza.
Il senso di colpa
È il sentimento che Melanie sperimenta per non essere riuscita a modificare il destino drammatico della madre. Si trovò sin da subito impegnata a rimpiazzarla, occuparsi della sua famiglia e investita di un eccessivo senso di responsabilità verso tutti. A questo si univa il desiderio infantile inconscio di avere il padre tutto per sé, che in qualche modo doveva essere espiato con la sua sofferenza.
La sessualità distorta
Il suo immaginario di bambina che fantastica una relazione proibita influenza inevitabilmente le sue relazioni amorose. Una volta adulta, Melanie, manifesta la sua volontà di accudire come principale forma di amore, l’unico che potesse metterla al riparo da quell’antico dolore. Non riesce ,infatti, ad accettare quelle situazioni in cui il sentirsi necessaria è sostituito dall’accudimento e dall’attenzione somministrata da altri uomini, ma riproduce un clima relazionale di forte responsabilizzazione combinandolo con l'assenza emotiva e affettiva del partner, Sean, proprio come accadeva con il padre quando era bambina.
Si trattava di un'unione in cui venivano soddisfatti perfettamente i bisogni di entrambi e in cui entrambi impedivano a se stessi la possibilità di salvarsi. Melanie tuttavia, si era avvicinata alla dott.ssa Norwood e da quel momento aveva deciso che doveva comprendere sè stessa per poter cambiare.
Riferimenti Bibliografici
Norwood, R. (2013). Donne che amano troppo. Milano: Feltrinelli.