Filobus numero 75: la riscoperta del "qui e ora"

Mercoledì, 12 Maggio 2021 14:03


    Una mattina il filobus numero 75, in partenza da Monteverde Vecchio per Piazza Fiume, invece di scendere verso Trastevere, prese per il Gianicolo, svoltò giù per l'Aurelia Antica e dopo pochi minuti correva tra i prati fuori Roma come una lepre in vacanza.

    I viaggiatori, a quell'ora, erano quasi tutti impiegati, e leggevano il giornale, anche quelli che non lo avevano comperato, perché lo leggevano sulla spalla del vicino. Un signore, nel voltar pagina, alzò gli occhi un momento, guardò fuori e si mise a gridare:

    - Fattorino, che succede? Tradimento, tradimento! Anche gli altri viaggiatori alzarono gli occhi dal giornale, e le proteste diventarono un coro tempestoso: - Ma di qui si va a Civitavecchia!

    - Che fa il conducente? - È impazzito, legatelo! - Che razza di servizio!

    - Sono le nove meno dieci e alle nove in punto debbo essere in Tribunale, - gridò un avvocato, - se perdo il processo faccio causa all'azienda.

    Il fattorino e il conducente tentavano di respingere l'assalto, dichiarando che non ne sapevano nulla, che il filobus non ubbidiva più ai comandi e faceva di testa sua. Difatti in quel momento il filobus uscì addirittura di strada e andò a fermarsi sulle soglie di un boschetto fresco e profumato.

    - Uh, i ciclamini, - esclamò una signora, tutta giuliva.

    - È proprio il momento di pensare ai ciclamini, - ribatté l'avvocato.

    - Non importa, - dichiarò la signora, - arriverò tardi al ministero, avrò una lavata di capo, ma tanto è lo stesso, e giacché ci sono mi voglio cavare la voglia dei ciclamini. Saranno dieci anni che non ne colgo.

    Scese dal filobus, respirando a bocca spalancata l'aria di quello strano mattino, e si mise a fare un mazzetto di ciclamini.

    Visto che il filobus non voleva saperne di ripartire, uno dopo l'altro i viaggiatori scesero a sgranchirsi le gambe o a fumare una sigaretta e intanto il loro malumore scompariva come la nebbia al sole. Uno coglieva una margherita e se la infilava all'occhiello, l'altro scopriva una fragola acerba e gridava:

    - L'ho trovata io. Ora ci metto il mio biglietto, e quando è matura la vengo a cogliere, e guai se non la trovo.

    Difatti levò dal portafogli un biglietto da visita, lo infilò in uno stecchino e piantò lo stecchino accanto alla fragola. Sul biglietto c'era scritto: «Dottor Giulio Bollati».

    Due impiegati del ministero dell'Istruzione appallottolarono i loro giornali e cominciarono una partita di calcio. E ogni volta che davano un calcio alla palla gridavano: - Al diavolo!

    Insomma, non parevano più gli stessi impiegati che un momento prima volevano linciare i tranvieri. Questi, poi, si erano divisi una pagnottella col ripieno di frittata e facevano un picnic sull'erba.

    - Attenzione! - gridò ad un tratto l'avvocato.

    Il filobus, con uno scossone, stava ripartendo tutto solo, al piccolo trotto. Fecero appena in tempo a saltar su, e l'ultima fu la signora dei ciclamini che protestava: - Eh, ma allora non vale. Avevo appena cominciato a divertirmi.

    - Che ora abbiamo fatto? - domandò qualcuno. - Uh, chissà che tardi.

    E tutti si guardarono il polso. Sorpresa: gli orologi segnavano ancora le nove meno dieci. Si vede che per tutto il tempo della piccola scampagnata le lancette non avevano camminato. Era stato tempo regalato, un piccolo extra, come quando si compra una scatola di sapone in polvere e dentro c'è un giocattolo.

    - Ma non può essere! - si meravigliava la signora dei ciclamini, mentre il filobus rientrava nel suo percorso e si gettava giù per via Dandolo.

    Si meravigliavano tutti. E sì che avevano il giornale sotto gli occhi, e in cima al giornale la data era scritta ben chiara: 21 marzo. Il primo giorno di primavera tutto è possibile.

     

    Questa favola tratta dal libro di Gianni Rodari "Favole al Telefono" è un capolavoro quanto mai attuale di milioni di viaggi, di chilometri percorsi lungo gli innumerevoli sentieri della vita, di passeggeri in movimento, di nuove ripartenze.

    In essa, l’attenzione alla dimensione temporale assume un valore simbolico di notevole rilevanza e fornisce l’occasione di rendere pensabile una qualità del tempo che è andata perduta in favore della sua sequenzialità. I viaggiatori di Rodari, attori passivi di un tempo regista che impone il suo scorrere,  sono molto lontani dall’assaporare il “qui e ora” di ogni momento, essi considerano, infatti, il cambio di rotta come un fastidioso imprevisto da contrastare, “un tradimento” di una routine in cui sono irrimediabilmente ingabbiati. L'essere presente a se stessi, in ogni momento della propria vita, a bordo del proprio filobus, è ciò su cui questa narrazione invita a riflettere. Uno sguardo maggiore al presente, che toglie un pò di terreno al passato e al futuro, con uno straordinario potere trasformativo.

    In questo pezzo di cammino, tutti “leggono il giornale anche quelli che non lo hanno comperato”, nessun incontro in queste vite.

    Quando il momento del vis a vis con l’ignoto,  prima o poi arriva,  gli animi si irrigidiscono, le difese si irrobustiscono e sono incoraggiate proteste contro il cambiamento. Quanta paura per quel luogo in cui non si è mai stati. E se lì ci fosse una nuova vita, un nuovo viaggio? In quel ritaglio di realtà, in cui nessun tempo è stato perduto,  nuove prospettive germogliano, i ricordi riaffiorano, si costruiscono relazioni, si condividono emozioni.

    L’andare si fa vivo, il filobus riparte, inizia un nuovo viaggio.

     

     

    Riferimenti Bibliografici

     

    Rodari, G. (1995). Favole al telefono. Trieste: Einaudi.

    Letto 443 volte Ultima modifica il Giovedì, 24 Giugno 2021 07:01

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