“Sono una donna, moglie e madre di trent’anni.

Quando ne avevo quattordici mi sono ammalata di anoressia.

Ho rischiato quattro volte di morire.

Non so se mi sono salvata per istinto di sopravvivenza o voglia di vivere”.

 

 

 

“Fame d’amore. La mia lotta”, di Francesca Cilumbriello è un diario testimonianza del dolore ineludibile e delle incoercibili ambivalenze, per lo più invisibili, che sperimenta chi vive con un disturbo alimentare. Martina, la sua protagonista, consegna alle pagine bianche del suo diario il turbinio di emozioni e pensieri che coartano il mondo interiore, tra rovinose cadute e le faticose conquiste, affinchè le smagliature profonde nel rapporto con il mondo esterno siano avvicinabili e dicibili.

Un intervallo di quindici anni di sofferenza che trovano il loro esordio intorno ai quattordici anni, contrassegnato da momenti di profondo dolore e maggiore serenità, in cui il silenzio appare prevalere insinuandosi in una catena transgenerazionale indecifrabile, che accende movimenti identificativi ambivalenti.

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