angela niro

angela niro

 

 

“Sono una donna, moglie e madre di trent’anni.

Quando ne avevo quattordici mi sono ammalata di anoressia.

Ho rischiato quattro volte di morire.

Non so se mi sono salvata per istinto di sopravvivenza o voglia di vivere”.

 

 

 

“Fame d’amore. La mia lotta”, di Francesca Cilumbriello è un diario testimonianza del dolore ineludibile e delle incoercibili ambivalenze, per lo più invisibili, che sperimenta chi vive con un disturbo alimentare. Martina, la sua protagonista, consegna alle pagine bianche del suo diario il turbinio di emozioni e pensieri che coartano il mondo interiore, tra rovinose cadute e le faticose conquiste, affinchè le smagliature profonde nel rapporto con il mondo esterno siano avvicinabili e dicibili.

Un intervallo di quindici anni di sofferenza che trovano il loro esordio intorno ai quattordici anni, contrassegnato da momenti di profondo dolore e maggiore serenità, in cui il silenzio appare prevalere insinuandosi in una catena transgenerazionale indecifrabile, che accende movimenti identificativi ambivalenti.

 

Non c'è epoca dell'anno più gentile e buona, per il mondo dell'industria e del commercio, che il Natale e le settimane precedenti. Sale dalle vie il tremulo suono delle zampogne; e le società anonime, fino a ieri freddamente intente a calcolare fatturato e dividendi, aprono il cuore agli affetti e al sorriso. L'unico pensiero dei Consigli d'amministrazione adesso è quello di dare gioia al prossimo, mandando doni accompagnati da messaggi d'augurio sia a ditte consorelle che a privati; ogni ditta si sente in dovere di comprare un grande stock di prodotti da una seconda ditta per fare i suoi regali alle altre ditte; le quali ditte a loro volta comprano da una ditta altri stock di regali per le altre; le finestre aziendali restano illuminate fino a tardi, specialmente quelle del magazzino, dove il personale continua le ore straordinarie a imballare pacchi e casse; al di là dei vetri appannati, sui marciapiedi ricoperti da una crosta di gelo s'inoltrano gli zampognari, discesi da buie misteriose montagne, sostano ai crocicchi del centro, un po' abbagliati dalle troppe luci, dalle vetrine troppo adorne, e a capo chino dànno fiato ai loro strumenti; a quel suono tra gli uomini d'affari le grevi contese d'interessi si placano e lasciano il posto ad una nuova gara: a chi presenta nel modo più grazioso il dono più cospicuo e originale.

 

Bisogna essere capaci di ammirazioni impetuose e accogliere in cuore molte cose con amore […]. Occhi grigi e freddi non sanno il valore delle cose. Ma, certamente: bisogna avere una forza contraria; saper volare in lontananze così vaste e lontane, da vedere in basso, molto in basso sotto di sé, anche le cose più ammirate, e molto vicino ciò che forse si è disprezzato.

Nietzsche

 

Trasferire,  mi riferisco proprio al “condurre al di là” della nostra stanza, l’intimo dialogo con i pazienti è un’impresa assai ardua. Anche il più fine e sensibile tentativo di rendere visibile quello che li dentro accade, al paziente e a noi, non può che tradursi in un mero artificio.

 

Questa è l'ultima dimora di "papà" Freud e molto probabilmente per molti colleghi questa è una foto piuttosto nota. Per l'esattezza ci troviamo dinanzi all'ingresso di quello che oggi è il Freud Museum, è il giorno del mio trentesimo compleanno e questo è uno dei regali che ho scartato oggi.

Un pasto fugace consumato presso un tipico pub londinese, un tragitto in metro e quattro passi hanno preceduto l'arrivo presso questo posto per me affascinante e che da tempo campeggiava sul mio diario immaginario delle mete da visitare. Pagati i biglietti, devo dire abbastanza contenuti, ci accingiamo, si non ero sola, a visitarlo in lungo e in largo.

 

I Fantasmi nella stanza dei bambini: un eredità psicologica è un tema importantissimo e molto affascinante, ma ancora poco conosciuto, che indaga le eredità psicologiche tramandate per generazioni.

Quando parlo di fantasmi nella stanza dei bambini non mi riferisco ad una narrazione dalle note noir, ma dell'influenza delle angosce familiari sulle relazioni familiari stesse.

 

 

La giovinezza è felice perché ha la capacità di vedere la bellezza. Chiunque sia in grado di mantenere la capacità di vedere la bellezza non diventerà mai vecchio.

Kafka

"Il signor D., un vedovo ottantunenne, era appena tornato dall’ospedale.  Aveva diversi problemi di salute legati alla tubercolosi,  ma il suo morale era particolarmente elevato quando la sua operatrice, una infermiera di base, andò a trovarlo a casa. Benchè fosse stato segnalato per una terapia di sostegno per la perdita della moglie, morta di cancro 10 anni prima, egli osservò: “Me la sto cavando bene”. Riceveva un buon sostegno dal figlio e dalla moglie, malgrado questi vivessero in un’altra città.

     

Si deve cominciare a perdere la memoria, anche solo brandelli di ricordi, per capire che in essa consiste la nostra vita. La nostra memoria è la nostra coerenza, la nostra ragione, il nostro sentimento, persino il nostro agire

Dalle memorie di Luis Bunuel

 O. Sacks

 

Ogni giorno, nello scorrere della quotidianità, ci troviamo di fronte alla necessità di immagazzinare informazioni per poi poterle rievocare quando le circostanze lo richiedano. Questo processo a noi appare così naturale che non riusciamo neanche a rendercene conto, se non quando questo sistema così complesso inizia a vacillare.
La memoria guida costantemente le nostre azioni e i nostri pensieri e in tal senso è sempre in azione, ma questo non deve condurci a considerarla erroneamente contenitore di tutti gli stimoli che ad essa giungono dall’esterno e dall’interno. Essa infatti,  opera regolarmente una selezione su di essi.

 

La perdita è indubbiamente uno dei temi che con maggiore frequenza è stato oggetto di studi e riflessioni psicologiche, che hanno messo in risalto la condizione di maturazione interiore conseguente a un’esperienza di dolore profondamente vissuto ed elaborato. È innegabile la paura che da essa scaturisce e che rappresenta una delle paure più stabili negli esseri umani, alla quale si risponde con rituali che hanno radici assai antiche.

In che modo cambia l'esistenza in seguito ad una perdita? In che modo la nostra risposta alla perdita può trasformarsi nel tempo? Cosa ci consente di distinguere il normale affetto del lutto, da una condizione di lutto patologico?

Pensare l’impensabile e altre esplorazioni psicoanalitiche, è un testo scritto da Nina Coltartpsicoanalista della British Psychoanalytical Society, pubblicato in Italia ben dopo venticinque anni dopo la sua uscita.

Cosa intende la Coltart quando utilizza l'espressione "pensare l'impensabile"? Quali sono i pensieri impensabili? Come ci sta l'analista con i pensieri impensabili? Esiste un legame tra psicoanalisi, filosofia e religione?

L'io è innanzitutto un'entità corporea. Non è soltanto una entità superficiale, ma anche la proiezione di una superficie. Volendo cercare una analogia anatomica la cosa migliore è identificarlo con l'homuncolus del cervello degli anatomici, il quale si trova nella corteccia cerebrale a testa in giù, con i piedi protesi verso l'alto, mentre guarda all'indietro e reca a sinistra, come è noto la zona del linguaggio.

S. Freud

 

Il corpo non dimentica. L’io motorio e lo sviluppo della relazionalità, nato dall’integrazione degli interessi e delle competenze di Massimo Ammaniti e Pier Francesco Ferrari, è un testo sull’origine e sull’evoluzione della relazionalità, in cui il corpo assume la centralità a lungo negatagli. Sottraendo terreno al divario tra corpo e mente, movimento e cognizione, psicoanalisi e neuroscienze, il testo propone una prospettiva integrativa che tenta la strada di un audace e auspicabile dialogo proficuo.