Disabilità e funzioni cognitive: un'esperienza di empowerment in gruppo

Lunedì, 10 Maggio 2021 19:19


    Disabilità e funzioni cognitive: un'esperienza di empowerment in gruppo è il risultato di un progetto finalizzato a incrementare le abilità cognitive, nonchè sociali di un gruppo di utenti con disabilità cognitive, motorie e problematiche psicosociali con il quale ho avuto il piacere di lavorare.

    Prima di entrare un pò di più nel merito del progetto, mi piacerebbe sottolineare un aspetto che trovo particolarmente rilevante al fine di far emergere il taglio che ho intenzione di dare a questo articolo.

    Mi riferisco al fatto che, non a caso, ho scelto il termine di esperienza, si tratta della mia, e neppure a caso quello di empowerment ; sto parlando di potenziamento, di acquisizione di una maggiore consapevolezza sulla propria vita e sul contesto sociale in cui essa è inserita, ma è necessario che io sottolinei in che spazio questo è possibile, ossia quello delle RELAZIONI.

     

    Potrà sembrare una ovvietà che la terapeuticità di un intervento non può prescindere dalla conoscenza delle PERSONE per le quali si prepara l'intervento, ma proprio il fatto di considerarla ovvia ci induce a dimenticare di osservarla e questo non è mai un bene.  Avrete sentito parlare tante volte dell'importanza dalla costruzione di una RELAZIONE AUTENTICA con loro, ma la riscontrabilità di questa, presunta, diffusione, di fatto, non risulta poi identificabile

    Quando parlo di conoscenza mi riferisco a una conoscenza "a tutto tondo", non solo ad una misurazione di parametri. Senza dubbio, non mi riferisco neppure a un "Bravo,vai avanti", in stile motivational speech, ma a un "Tu mi stai a cuore". Solo dopo, a mio avviso, arriva la parte un pò più tecnica e questa posizione secondaria la troverete facilmente rappresentata in questo articolo. Mettendo per un attimo da parte le conoscenze acquisite e ancora non acquisite, ritengo importante che avere un'idea chiara e sottoposta a giudizio critico, mi sento di aggiungere, di quello che si sta per realizzare sia un aspetto da non trascurare. Dico questo soprattutto perchè mi sembra piuttosto diffuso lasciarsi sedurre dalle conoscenze passate e incorrere nella tendenza a realizzare meccanicamente un intervento. Di fatto, una volta automatizzate le procedure, difficilmente se ne coglie l'adeguatezza rispetto al nuovo gruppo di utenti e al nuovo contesto.

     

    Quella regola dimenticata

    In sostanza si tratta di una modalità di agire che, di certo, risparmia risorse cognitive e pure emotive, ma mi chiedo in che modo questo possa essere realmente di aiuto. Trovo a questo scopo la regola delle 5 W (Who?, What ?, When?, Where?, Why?) un semplice e valido strumento per stimolarci a pensare, confrontare, rivedere, pianificare ogni nostra idea. Sembrerà assurdo, ma queste domande possono far cadere le più indomite spinte progettuali e a mio avviso, aiutarci a trovare un equilibrio tra creatività e possibilità.

     

    Dissipare le illusioni

    Intendiamoci, si tratta di comprendere, in fondo, a cosa siamo interessati. Ci interessa con il nostro intervento, forse, far diventare i destinatari del nostro progetto meri esecutori? Spero di no! Allora sarebbe meglio provare a non dimenticare che ogni gruppo è un gruppo a sè e che, purtroppo e per fortuna è così, ne sappiamo meno di quanto possiamo immaginare. Ogni esperienza è unica nel suo genere e da essa dovremmo portarci via la consapevolezza che quel cambiamento che ha investito gli altri di certo non ci ha risparmiati. Ebbene si, ci tocca abbandonare quell'attraente onnipotenza in favore dell'incertezza.

     

    Una storia di co-costruzione

    Rispetto alla parte un pò più tecnica che ho citato sopra, apro solo una piccola parentesi. La ragione di questa decisione la trovate condensata nel titolo. Tuttavia, nella tabella che vedete in basso, mi sono limitata a segnalare solo alcuni aspetti, direi tra quelli più importanti, da tenere ben presenti:

     

    VALUTAZIONE

    GRUPPO

    MODI E TEMPI

    - Valutazione globale del funzionamento e neuropsicologica;
    - focus sulle risorse e sulle difficoltà;
    - osservazione e colloquio.

    - Un numero dei partecipanti contenuto;
    - una condizione di omogeneità delle difficoltà.

    - la scelta dell'approccio ;
    - presentare le attività e raccogliere i feedback;
    - introdurre pause;
    - garantire la continuità dell'intervento;
    - monitorare e correggere le attività nel tempo.

     

    Mi perdonerete l'estremo schematismo, ma, come avevo anticipato, la parte per me più interessante è quella del bilancio, dell'esplorazione della portata dell'intervento, della raccolta dei suoi frutti. Dimenticatevi una dettagliata relazione sulla misurabilità della loro crescita e su quanto io sia stata brava e provate a dare un'occhiata in quale terreno e con quali fonti di nutrimento è stata possibile la loro crescita.

     

    Per una comunanza di forze

    Da prediligere ad altri tipi di approccio, l'approccio ecologico è sicuramente il mio preferito; si nutre dei bisogni, delle aspettative e degli interessi delle persone e si rifiuta di calare le proprie proposte dall'alto. Gli riconosco il pregio di mitigare la noia proprio per la sua capacità di pescare nella realtà concreta. Esponendo chi gli si accosta alla possibilità di mettersi in gioco, gli rimanda quel potenziale creativo e di apprendimento ignorato. La sua parola d'ordine non può che essere sperimentazione.

     

    Noi siamo, io sono

    Affrontare il tema dell'evoluzione identitaria nel gruppo richiederebbe almeno lo spazio di un articolo intero, ma almeno un accenno io lo vorrei fare. Uno sguardo veloce e solo superficiale alle dinamiche che si sviluppano nel gruppo ci permetterà di osservare come nelle fasi iniziali ognuno sia mosso dal bisogno di individuare chi meglio lo rispecchi, respingendo, di contro, colui dal quale non si sente rappresentato.

    Sfruttando la funzione di cassa di risonanza che il gruppo può assolvere il singolo farà parlare le sue parti anche quando non è lui stesso a parlare e si accingerà a stringere alleanze che possano preservarlo dall'angoscia di essere escluso. Non solo, scoprirà e costruirà confini, imparando a raccogliere impressioni sui membri e sulla sua persona. Sperimenterà quello che può essere detto e quello che dovrebbe essere taciuto, utilizzando il gruppo come catalizzatore di comportamenti, idee, emozioni. Attraverso il gruppo scoprirà capacità e limiti, cercherà sostegni e nemici, possibilità di confronto e di scontro per conoscersi.

     

    Emozioni da sfamare

    Le emozioni, le mie, le loro e le nostre, in questo e in altri progetti sono sempre state le più fedeli collaboratrici che abbia avuto. Senza di esse, senza chiamarle, ascoltarle e nutrirle, non sarei riuscita a realizzare neanche la più piccola parte di questo e altri percorsi. Quali emozioni abbiamo incontrato? Potrei dire una gamma realmente variegata.

    Abbiamo transitato attraverso le emozioni della paura, della rabbia, della tristezza, del disgusto, della sorpresa, della gioia, ma anche dell'invidia, della vergogna, della rassegnazione, della delusione, della speranza.

    Non è stato semplice, affatto, ma è stato meraviglioso sentirli SENTIRE e sentire a mia volta. Per molti di loro è stato difficile riconoscere tutte queste emozioni, sentirle parte del proprio vissuto, poterle guardare e condividere. Si trattava di melodie sconosciute, ed avevano ragione, erano così poco familiari. Di chi parlavano quelle note? Perchè erano così diverse da quelle che avevano conosciuto? Non riuscivano proprio a riconoscersi.

    Piano piano, però, hanno imparato ad accostare quelle note, a volte troppo acute, a volte troppo gravi e sono stati loro stessi a voler costruire la loro melodia, una melodia unica e irripetibile che li rappresentasse.

     

    Abitudini, credenze e esperienze

    Quando quello che vogliamo fare è favorire il processo di apprendimento, non dobbiamo mai dimenticare che apprendiamo in molti modi, ma a mio avviso, quello più penetrante, quello più coinvolgente e duraturo è l'apprendimento tramite esperienza, qualcuno direbbe il "learning by doing". Il più delle volte questo richiede di superare un conflitto tra forze opposte, dirette all'emancipazione e alla conservazione dello status quo. Il fatto è che queste ultime, spesso, sono davvero molto ostinate. Tuttavia, si tratta di forze utili, perfino vitali per chi le ha usate quando noi non c'eravamo, riusciamo a comprenderlo? Leggerne quindi solo l'aspetto negativo potrebbe essere un errore.

    Esse si esprimono con le parole: "Non sono capace!" e sono sicura che anche voi sappiate quanto convincenti siano. Provate adesso a recuperare qualche vostra esperienza, una di quelle in cui queste forze hanno quasi neutralizzato tutte le altre e ditemi sinceramente quanta fatica vi è costata guardare oltre quelle parole. Perchè allora sostenere arroganti pretese quando non si tratta di noi?

     

    Se vuoi costruire una nave, non radunare uomini per raccogliere il legno e distribuire i compiti, ma insegna loro la nostalgia del mare ampio e infinito.
    A. de Saint-Exupery

     

    Un pò buona e un pò crudele

    Il gruppo diventa il teatro in cui funzioni e ruoli sono scoperti, accolti, attribuiti, minacciati, dissolti. In esso i poli dell'esistenza prendono vita e vengono esasperati e le risposte emotive che si agitano sulla scena si muovono alla richiesta di accoglienza e contenimento.

    Ci si può sentire in balia di correnti emotive che spingono verso l'accoglienza e altre volte verso il rifiuto; ci si sente chiamati a moderare, contenere, orientare, sostenere o scoraggiare, anche quando non richiesto e percepito come francamente ostile, in virtù di quel processo evolutivo che deve essere un intento condiviso. Tutto questo richiede una profonda e in costante divenire conoscenza di se stessi, una conoscenza che ci aiuti a non perderci, o quanto meno, non in maniera definitiva.

     

    Concludo dicendo che "Disabilità e funzioni cognitive: un'esperienza di empowerment in gruppo" volge lo sguardo verso quegli interventi che ancora faticano a soffermarsi a riflettere sull'importanza delle relazioni e di come incorrano nella ahimè diffusa scomparsa della persona dietro la diagnosi. Ad essi propone semplici riflessioni su aspetti che sebbene evidenti e condivisi finiscono per raggiungere una posizione marginale, a vantaggio di quelli che riguardano la performance.

    Si pone nella condizione di partire dal proprio lavoro e si spera anche in un contributo sinergico, per introdurre una dimensione di salute che sia capace di abbattere la condizione di stigma nella quale il disabile si sente inserito e che abita profondamente. Un lavoro che inevitabilmente richiede impegno richiede l'ascolto, l'accoglienza, la promozione della partecipazione, della curiosità, della consapevolezza dei limiti, nonchè la responsabilità di dare un senso a quella fragilità che finisce per diventare una seconda pelle protettiva e soffocante allo stesso tempo. Questo impegno è fatto di uno scoprirsi reciproco nell'incontro con l'altro, di un andare oltre condiviso, in cui ognuno, magari, potrà scoprire, come ricorda Leopardi, di desiderare non la conoscenza, ma di "sentire infinitamente".

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