Simone: il bambino canguro

Lunedì, 26 Aprile 2021 12:30

    La storia di Simone, il bambino canguro è la storia di un bambino intelligente, con notevoli proprietà di linguaggio, ma instabile, quasi iperattivo. Simone non riesce a fissare l’attenzione né a stare fermo più di qualche secondo e spesso da l’impressione di non sentire ciò che gli si dice. Da qualche tempo, poi, vuole essere chiamato Jumpy, (il nome del canguro di uno spot), per due motivi: perché ciò gli consente di tirare calci e perché i canguri si portano dietro la casa: “La casa ce l’hanno nella pancia” spiega. “I canguri hanno una grossa tasca con i cangurini così nessuno li lascia mai soli!”.

     

    Simone il bambino canguro e il tentativo di fronteggiare la separazione

    Da quando è nato, Simone, figlio unico di una coppia in difficoltà, è al centro di tensioni molto forti. I suoi genitori si stanno separando, ma non riescono a farlo in maniera civile e usano lui come arma di ricatto, per ferirsi, vendicarsi, ottenere dal giudice l’affidamento. Identificandosi in un canguro, Simone da un lato da sfogo alla tensione che accumula quotidianamente e dall’altro ricrea nella fantasia un ambiente protettivo; questo animale, infatti, con il suo marsupio e i cangurini portati a spasso nel calore del proprio ventre, rappresenta una proiezione rassicurante. Identificandosi con Jumpy riesce a raccontarsi una storia che lo tranquillizza. 

     

    Navigare in un clima familiare teso

    La storia di Simone , tratta dal libro “Pronti per il mondo” di Anna Oliviero Ferraris,  contiene numerosi elementi che meriterebbero di essere analizzati. Facciamolo insieme.

    Quello su cui vorrei portare la vostra attenzione, oggi, è uno: la strategia. Questo termine che deriva dalla parola greca  στρατηγός (strateghós), ossia “generale”, fa riferimento ad una serie di azioni, che su un piano temporale lungo, dovrebbero portare al raggiungimento di  uno scopo. Lo scopo di Simone era quello di superare il clima familiare teso e disorientante e ottenere attenzione; comprensibilmente nella fantasia e nel mondo animale aveva  trovato ciò che gli poteva servire, una strategia sicuramente non funzionale, ma che nell'immediato gli consentiva di non essere sopraffatto da un ambiente insano.

     

    Genitori di fronte al problema: una questione di consapevolezza

    Ora proviamo a considerare una situazione ricorrente, ossia  quella in cui i genitori rivolgono a noi delle richieste di aiuto in cui segnalano l'incapacità di gestire comportamenti e manifestazioni emotive dei propri figli. La strategia dei genitori di fronte ad una situazione che genera disagio, coinvolgendoli direttamente o indirettamente, non si discosta molto da quella di Simone in termini di utilità.  

    In circostanze che richiedono una soluzione nell'immediato, si può imparare a evitare di comprenderne il significato in modo da svincolarsi da quella parte di responsabilità che ci spetta. Nel riferire la difficoltà identificata nei loro figli, si scorge spesso nei genitori una volontà tanto intensa di proteggerli, di guarirli. È inoltre, frequente il racconto, con maggiore o minore precisione, di tutti i dettagli del problema identificato.

    Resta tuttavia dall'altra parte celato un non detto, che è palpabile nella stanza. Il loro essere sopraffatti dalla sofferenza è, infatti, tanto evidente quanto il loro prendere le distanze dal chiedersi quale significato quello che loro osservano possa avere. Una o più sollecitazioni verso questa indagine può non essere sufficiente, a volte, ed essere liquidata velocemente. Un evitamento difensivo e comprensibile di dargli un significato, o di supporne uno.

     

    Una soluzione possibile in un tempo possibile

    Sergio Erba psichiatra e psicoanalista (1995) sostiene: “Combattere i nemici esterni, talvolta addirittura inventandoli, anzichè addivenire a patti con il proprio “nemico interno”, non è un’operazione in auge solo nella vita sociale e politica, dove anzi da sempre è stata utilizzata dai detentori del potere, ma è anche nei modi più sfumati e sottili, un modo di procedere di molti nei propri ambiti di vita personali”(p.22).

    Per concludere, in entrambe le circostanze, quella di Simone il bambino canguro e dei suoi genitori, ciò che può essere sottolineato è la non funzionalità delle strategie impiegate. Esse si configurano come espedienti ingannevoli prodotti della nostra mente per superare una determinata situazione pericolosa e angosciante nel più breve tempo possibile, forse gli unici pensabili in quel momento e in un certo senso protettivi. La loro assenza, infatti, provocherebbe un dolore intollerabile. In funzione della loro utilità, andrebbero distinte in funzionali e non funzionali e questo aspetto non può essere considerato separato dalla loro peculiarità di essere destinate a non durare per sempre.

     

    Riferimenti bibliografici:

    Erba, S. (1998). Domanda e Risposta. Per un’etica e politica della psicoanalisi. Milano: Franco Angeli.

    Oliviero Ferraris, A (2015). Pronti per il mondo. Insegnare ai propri figli ad affrontare e superare le difficoltà. Milano: RCS.

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